mercoledì 3 marzo 2010

IL TESTIMONE PERENNE


IL TESTIMONE PERENNE

“Non rimandare mai l’osservazione su te stesso a più tardi!” 

Quello che ci accade o che facciamo accadere, a seconda della eccezionalità dell’evento, diventa per l’uomo occasione di osservazione. Accadimenti particolarmente spiacevoli o particolarmente felici, in genere, sono i soli eventi che ci inducono a riflettere su quanto accade. A causa della natura particolare dell’evento ci chiediamo il “perché”, a volte cercando risposte in cause sovrannaturali, o a noi esterne essendo queste le giustificazioni più facili da addurre. 


Raramente l’uomo cerca la verità nella legge di causa ed effetto di cui è l’artefice, spesso inconsapevole. Come venirne a capo? Dietro ogni fenomeno vi è la cosa in sé, al di la delle apparenze, il puro oggetto della conoscenza. Come approdare a questa conoscenza? Quando parliamo di accadimenti non dobbiamo soffermarci alle sole manifestazioni esteriori, visibili a chiunque. 
Varrebbe la pena indagare soprattutto quegli eventi intimi che accadono e si sviluppano nella mente come nella coscienza: desideri, passioni, paure, eccitazioni, la felicità, la depressione e l’euforia. 


Questo lavoro comincia con l’osservazione, con la coscienza autoriflessiva che si posa, ad ogni istante, sulle continue scene che si stagliano sullo schermo della mente umana, condizionando eventi futuri, scelte autonome e coscienti ma anche e soprattutto azioni spontanee, istintive e abitudinarie, meccanismi di autodifesa tendenti a conservare lo status quo a cui siamo morbosamente e inconsciamente affezionati, meglio attaccati. 
Questo lavoro non può essere rimandato a dopo, anche se si tratta di un lavoro pesante e impegnativo, che potrebbe sconvolgere le nostre abitudini, convinzioni e convenzioni, costringendoci a ripensare radicalmente il senso della nostra esistenza. Rimandare aumenta il peso futuro e da vita a quello che la tradizione indù chiama debito karmico, innescando quel meccanismo di causa ed effetto che conduce alla sofferenza. 


L’osservazione va compiuta qui e ora, ad ogni istante, qualsiasi cosa si sta facendo, portando la coscienza ad essere pienamente consapevole, divenendo il “Testimone Perenne” dell’esistenza. 
A volte diciamo: “questa situazione la conosco già, questa condizione l’ho già vissuta, prima o poi passerà” e così evitiamo di affrontare il problema, di cercarne la soluzione, perdendo una preziosa occasione e aumentando il fardello dei nodi della coscienza, fino a perdere dallo schermo della mente il fenomeno da osservare, per conoscere e purificare sé stessi. “Non rimandare mai l’osservazione su te stesso a più tardi!” 
La Tradizione Perenne ammonisce di essere “vigilanti e perseveranti”, ovvero osservare costantemente se stessi e perseverare nel lavoro di rettifica, esortazione ribadita dal motto alchemico VITRIOL. 
Per il discepolo, che intende realizzare sé stesso, questo è un imperativo, un dovere fondamentale, imprescindibile, possiamo dire il primo, corrispondente al perenne lavoro di svelamento della coscienza dalla coltre dell’ignoranza che la ricopre. Osserveremo quindi l’ira, la rabbia, l’avidità, la sensualità, la gelosia, l’invidia, l’ambizione, al loro insorgere, senza identificarci con questi fenomeni. Questo, oltre ad essere un esercizio formativo, è il primo passo che conduce alla risoluzione dei nodi, e porta la coscienza ad essere consapevole. 


Da dove nasce questa rabbia, perché quest’ansia che ci tormenta, che ci fa perdere il sonno e assedia la mente. La stessa indagine va fatta anche intorno ai successi della vita poiché anche questi possono rappresentare una forma di attaccamento. Come influiscono queste modificazioni della mente sulla coscienza, sui comportamenti quotidiani, nei rapporti con il mondo, e quali altri semi causali nasceranno dalle nostre azioni condizionate, quali saranno i suoi effetti, e quando si manifesteranno? 
Più osserveremo e più gli occhi della coscienza impareranno a distinguere elementi sempre più rarefatti, nascosti nei più oscuri meandri della coscienza, che abitualmente chiamiamo inconscio. 


Conoscere i nodi della propria coscienza significa anche poterli rimuovere, sgrossarli così come il muratore e lo scalpellino sgrossano la pietra fino a renderla perfetta e adatta alla costruzione o all’opera che vanno compiendo. 
Così l’osservazione, o meglio la coscienza osservante è un potente strumento di lavoro, un mezzo operativo di purificazione e liberazione della nostra coscienza individuata, imprigionata nel limite della materia dal potere proiettivo della māyā, l’ignoranza metafisica in cui l’uomo si è proiettato dimenticando la sua reale e profonda natura di essere di luce, realtà fatta di coscienza e beatitudine. Sottrarsi a questo lavoro significa negare il percorso iniziatico che si è intrapreso. Compierlo al contrario, significa conformarsi alla “legge naturale, universale ed eterna che guida ogni uomo intelligente e libero”, significa conformarsi a quella legge suprema, (Lex Perennis, Sanatan Dharma) che la stessa divinità ha creato e ha stabilito essere superiore a se stessa, vale quindi realizzare sé stessi. 


Il Testimone Perenne è la luce perenne della Pura Coscienza quale raggio polarizzato della Coscienza Universale, è pura consapevolezza, e si concretizza nella Conoscenza Tradizionale che si trasmette nei secoli, è il fuoco dei filosofi che arde perennemente, è il lavoro iniziatico che si protrae incessantemente e senza soluzione di continuità lungo i millenni, è l’attenzione, l’osservazione continua, l’eggregoro in continua evoluzione.


"Ritorna in te stesso e guarda: se non ti vedi ancora interiormente bello, fa come lo scultore di una statua che deve diventar bella. Egli toglie, raschia, liscia, ripulisce finché nel marmo appaia la bella immagine: come lui, leva tu il superfluo, raddrizza ciò che è obliquo, purifica ciò che è fosco e rendilo brillante e non smettere di scolpire la tua propria statua interiore, finché non ti si manifesti lo splendore divino della virtù e non veda la temperanza sedere su un trono sacro. ... Se tu sei diventato completamente una luce vera, non una luce di grandezza o di forma misurabile che può diminuire o aumentare indefinitamente, ma una luce del tutto senza misura, perché superiore a ogni misura e a ogni qualità; se ti vedi in questo modo, tu sei diventato ormai una potenza veggente e puoi confidare in te stesso. Anche rimanendo quaggiù tu sei salito né più hai bisogno di chi ti guidi; fissa lo sguardo e guarda: questo soltanto è l'occhio che vede la grande bellezza. Ma se tu vieni a contemplare lordo di cattiveria e non ancora purificato oppure debole, per la tua poca forza non puoi guardare gli oggetti assai brillanti e non vedi nulla, anche se ti sia posto innanzi un oggetto che può essere veduto. È necessario, infatti, che l'occhio si faccia uguale e simile all'oggetto per accostarsi a contemplarlo. L'occhio non vedrebbe mai il sole se non fosse già simile al sole, né un'anima vedrebbe il bello se non fosse bella. Ognuno diventi dunque anzitutto deiforme e bello, se vuole contemplare Dio e la Bellezza" 
(Plotino - Enneadi I, 6, 9). 


Giuseppe Vinci

3 commenti:

  1. Quella esposta sopra è un'analisi di tipo psicologico, che confonde la conoscenza con la coscienza. La prima è di un ordine universale, non limitata all'essere e identificabile alla possibilità universale, mentre la seconda è la riflessione della prima nella sfera individuale. I limiti dell'analisi esposta nelle considerazioni di questo scritto che sto commentando riguardano la non considerazione dell'immediatezza conoscitiva che segue la trasmissione dell'influsso spirituale, il quale conferisce l'iniziazione, e il rivolgersi alla coscienza individuale come se fosse il modo d'elezione della consapevolezza spirituale. È questa una confusione che indica il non aver sperimentato cosa sia, in realtà, la conoscenza iniziatica. La conoscenza non è la coscienza, allo stesso modo in cui l'immediatezza del conoscere attraverso l'intuizione spirituale non corrisponde al conoscere simbolico e rappresentativo, tipico della conoscenza mediata dalla mente.

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  2. Il mio sito è www.regnoessenza.com e mi chiedevo se previa tua visione ti fa piacere se in futuro ti linko.
    Ti ringrazio per il tuo lavoro dove il cuore supporta la conoscenza in un mix significativo.

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  3. vajimax: da agosto chissà se mi leggerai mai.
    In ogni caso dal tuo commento spesso e denso come il castagnaccio ;) mi vien da dire che... il fatto di non implementare nello scritto l'immediatezza conoscitiva che deriva dall'intervento dello Spirito fuori dalla normale via di apprendimento, non significa confusione ma solo l'attenersi a quanto è possibile sperimentare secondo paradigmi propri dell'osservazione.
    Se Giuseppe abbia vissuto fenomeni extrasensoriali che permettono la realizzazione immediata della Verità io non posso saperlo e nemmeno tu.
    Diciamo che qui è la "Normale Conoscenza" a presentarsi e non è comunque per niente poco...
    Abbraccio

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